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Alessandro Barbero svela i segreti della Roma Medievale a “èStoria 2025”

Il Teatro Giuseppe Verdi di Gorizia ha fatto da cornice a uno degli eventi più attesi del 21° Festival Internazionale della Storia “èStoria 2025”. Alessandro Barbero, storico di fama internazionale, ha condotto il pubblico in un viaggio straordinario attraverso la Roma medievale, un’epoca troppo spesso dimenticata e fraintesa.

Il Grande Equivoco: Una Roma “Schiacciata” l’Impero e il Barocco

Nell’immaginario collettivo, la storia di Roma si divide nettamente tra periodi di grandezza e decadenza. Da un lato la magnificenza imperiale, dall’altro lo splendore rinascimentale e barocco: questi sono i momenti che oggi ammiriamo passeggiando per la Città Eterna. Ma cosa accadde nel mezzo?

La Roma medievale, spiega Barbero, “rimane schiacciata” tra queste due età dell’oro, vittima di un pregiudizio profondamente radicato. Per secoli è stata dipinta come un’epoca di totale decadenza, da cui la città sarebbe risorta solo grazie agli investimenti dei Papi rinascimentali. I quadri sette-ottocenteschi alimentavano questa visione: Roma come città deserta, abitata solo da pecore tra le rovine.

La Distruzione Fisica del Passato

A questo pregiudizio culturale si è aggiunta una vera e propria cancellazione fisica. I “grandi sventramenti” dell’epoca umbertina (dopo il 1870) e soprattutto del ventennio fascista hanno spazzato via gran parte del tessuto urbano medievale: “casette, casupole, botteghe aggregate intorno a una miriade di chiese, piazze, piazzette e vicoli”.

Gli esempi sono emblematici:

  • Via dei Fori Imperiali (un tempo Via dell’Impero): ha raso al suolo interi quartieri medievali per collegare Piazza Venezia al Colosseo
Da questa foto aerea è possibile vedere il tessuto urbano medievale prima dello sventramento fascista per la costruzione di Via dei Fori Imperiali
  • Via della Conciliazione: costruita per celebrare i Patti Lateranensi, ha cancellato un intero quartiere medievale intorno al Vaticano
Il quartiere medievale intorno al Vaticano prima della costruzione di Via della Conciliazione (anni ’30)

A complicare ulteriormente la ricostruzione storica, la scomparsa dell’archivio del Comune di Roma durante il Sacco del 1527 ha reso difficile lo studio dei documenti originali. Solo di recente, grazie al lavoro di studiosi come Jean-Claude Maire Vigueur e Chris Wickham, questa Roma perduta sta tornando alla luce.

La Verità Nascosta: Una Metropoli Europea “Vitalissima”

Barbero demolisce con forza questa narrazione distorta, rivelando una Roma del Duecento e Trecento incredibilmente dinamica: “una città vitalissima, popolosa, piena di attività”. Una capitale economica con compagnie bancarie attive nel mercato internazionale e un’aristocrazia di imprenditori tanto dinamici quanto i loro colleghi lombardi o toscani.

Dimensioni da Capitale

La grandezza di Roma medievale stupisce ancora oggi. Racchiusa entro le Mura Aureliane, la città occupava 1400 ettari – “il quadruplo di Parigi o di Firenze”. Anche se non interamente abitata (circa 1000 ettari erano coltivati a vigneti), la parte residenziale nell’ansa del Tevere era incredibilmente densa.

I 50.000 abitanti stimati all’inizio del Trecento (prima della peste del 1348) facevano di Roma una “grande città” per l’epoca, “una potenza demografica, commerciale ed economica, un ammasso di ricchezza”.

Un Paesaggio Urbano Unico

Il paesaggio medievale romano era “fitto di torri nobiliari”, descritte dai contemporanei “come le spighe in un campo di grano”. Antichi edifici, templi, chiese e monasteri ancora in piedi testimoniano la stratificazione millenaria della città. Le grandi basiliche paleocristiane – San Giovanni in Laterano e San Pietro in Vaticano – con i loro complessi di chiese, palazzi e giardini, confermavano Roma come “capitale della cristianità occidentale”.

Un’Economia Fiorente

Roma era “economicamente attivissima”, animata da mercati e fiere. Il momento culminante era il “grande mercato del sabato davanti al Campidoglio”: tutte le botteghe chiudevano e mercanti, artigiani e clienti si radunavano non solo per commerciare, ma anche per scambiarsi notizie e, talvolta, dare il via a “moti popolari” o “rivolte”.

Una Società Complessa e Violenta

I Padroni della Città

Roma medievale era dominata da potentissime famiglie nobili – Colonna, Orsini, Savelli, Caetani – la cui influenza si sarebbe perpetuata per secoli. Questi clan fortificavano e abitavano i grandi monumenti antichi: il Colosseo, il Teatro di Marcello, il Mausoleo di Augusto si trasformarono nel “cuore di interi quartieri di casette e torri”, basi di potere da cui le famiglie controllavano e si combattevano per l’egemonia sulla città.

Il Teatro di Marcello, ancora oggi abitazione privata, esempio di come i nobili romani trasformassero i monumenti antichi

La Campagna Romana, lungi dall’essere il “deserto” malarico descritto dai viaggiatori moderni, era un “territorio ricchissimo” con straordinarie produzioni di grano e allevamento bovino, fonte di enormi profitti per l’aristocrazia mercantile.

“La Campagna Romana medievale: non il ‘deserto malarico’ moderno, ma un territorio ricchissimo di grano e bestiame”
Campagna romana, dipinto di Edward Lear del 1841

Il Popolo che Conta

Sotto i grandi baroni fioriva un “popolo di commercianti, imprenditori e artigiani che fanno un sacco di soldi”. Macellai e pescivendoli accumulavano tali ricchezze da poter “far sposare i loro figli alle ragazze degli Orsini o dei Colonna”.

Stemma araldico dei Colonna

Questo popolo era organizzato in corporazioni di mestiere e compagnie armate di quartiere. La città era divisa in 13 rioni, ciascuno guidato dal suo “caporione” – una figura il cui nome risuona ancora oggi nel nostro lessico.

Feste e Violenza

Il Comune organizzava “grandi feste”, momenti cruciali di auto-rappresentazione cittadina. I “Giochi del Testaccio” rappresentavano l’esempio più spettacolare: una celebrazione finanziata anche da una tassa annuale di 1000 fiorini (circa mezzo milione di euro oggi) imposta alla comunità ebraica.

Illustrazione raffigurante I Giochi del Testaccio: tori e maiali fatti rotolare dal monte e uccisi e squartati sul posto a mani nude (1558)

Il corteo vedeva sfilare i magistrati del Comune con i vessilli SPQR e i concorrenti dei rioni con tori e maiali. Il culmine era la folle discesa degli animali dal Monte Testaccio, dove venivano “uccisi e squartati sul posto a mani nude” dai partecipanti. Un testimone inglese del 1404 raccontò che i concorrenti dovevano portare un pezzo di interiora insanguinate alla propria donna per dimostrare di essere “un vero uomo”.

Ma questa prosperità conviveva con un tasso di violenza fortissimo. Petrarca stesso, nel 1337, faticò a raggiungere Roma da Capranica a causa delle bande armate dei Colonna e degli Orsini che battevano le strade.

L’Anonimo Romano: La Voce di Un’Epoca

Per comprendere questa realtà complessa, Barbero ha presentato un narratore eccezionale: l’Anonimo Romano. Medico nobile formatosi all’Università di Bologna, contemporaneo di Petrarca e Boccaccio, l’Anonimo scrisse una cronaca degli anni 1340-1350 in un volgare romano del Trecento più simile al napoletano che al romanesco odierno.

L’Anonimo rivela un tratto fondamentale dei romani medievali: “sono gente che non crede a niente e che non rispetta niente”. Scettici e irriverenti, impossibili da ingannare. Quando il frate Venturino da Bergamo arrivò a Roma con la sua processione di penitenti, accolti con rispetto in tutta Italia, i romani “se ne risero” e “si misero a fare gabbe” chiamandolo pazzo.

Cola di Rienzo: Il Sogno Spezzato di un Tribuno

La cronaca dell’Anonimo Romano racconta la straordinaria avventura politica di Cola di Rienzo. Notaio di umili origini (figlio di un oste e una lavandaia) ma lettore vorace dei classici latini, Cola sognava di rifondare Roma come capitale di un nuovo impero.

Cola di Rienzo, il notaio figlio di un oste che sognò di rifondare Roma come capitale di un nuovo impero

L’Ascesa al Potere

Inviato come ambasciatore del Comune al Papa ad Avignone, Cola denunciò coraggiosamente “gli abusi dei baroni, gli omicidi, le ruberie, gli adulteri”. Inizialmente deriso dai nobili, che lo consideravano un “buffone” da invitare a pranzo per intrattenimento, Cola prese il potere con un colpo di stato.

Instaurò un regime severissimo che puniva l’omicidio senza eccezioni – cosa inaudita per l’epoca. Il popolo lo sostenne con entusiasmo, e quando i baroni tentarono di resistere furono “schiacciati, sbaragliati, sconfitti”. Papi, imperatori e re gli inviarono ambasciatori, riconoscendo la sua autorità.

La Corruzione del Potere

Ma il potere corruppe Cola. L’Anonimo Romano descrive la sua trasformazione: “non ascolta più nessuno”, “non accetta più obiezioni”, “mangia, beve sempre di più, ingrassa, ha gli occhi rossi per il troppo vino”. La città, inizialmente entusiasta, divenne “turbata”, con i romani che “stavano come pecorelle quiete, non osavano favellare”.

La Fine Tragica

La rivolta esplose l’8 settembre. Cola, inizialmente confuso pensando che la folla gridasse “viva il popolo” in suo favore, si ritrovò a sentire “muoia il traditore Cola di Rienzo, muoia”. Abbandonato da tutti, tentò una fuga disperata travestito da pastore, ma fu riconosciuto, catturato e linciato brutalmente. Il suo corpo rimase appeso per due giorni e fu infine bruciato in un rogo.

L’Eredità Perduta

Barbero conclude sottolineando che quando i Papi tornarono da Avignone e soffocarono l’autonomia comunale, Roma entrò in una nuova era di splendore artistico e architettonico. Ma i suoi abitanti non furono mai più quella “moltitudine violenta, forsennata, incontrollabile” con la consapevolezza di “far parte di una comunità che vuole contare, che vuole comandare il proprio destino”.

Divennero il “popolino di Roma che borbotta ma ubbidisce al Papa e ai preti” – ben diverso dal dinamico popolo della Roma medievale.

Conclusione

La conferenza di Alessandro Barbero ha offerto una straordinaria opportunità per riscoprire il Medioevo romano non come epoca di oblio, ma come periodo di straordinaria vitalità, complessità e, sì, anche brutalità. La “Roma medievale era di per sé una straordinaria metropoli europea”, e grazie a fonti preziose come l’Anonimo Romano, possiamo finalmente riappropriarci di questa vivace – e talvolta terrificante – realtà storica.

Una lezione che ci invita a guardare oltre i luoghi comuni e a riconoscere la ricchezza nascosta di un’epoca troppo a lungo dimenticata.

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